La prima parte praticamente è un diario delle sue peripezie lavorative.a una lettura superficiale verrebbe da dire che più da precario la sua è stata una 'vita da sfigato'... poi invece se non si perdono dei passaggi, buttati a caso tra le righe, si percepisce che più che sfigataggine la sua è irrequietezza, voglia di cambiare, e che quando le cose cominciano ad andar male lui si abbandona, anzi tifa affinchè tutto vada a scatafascio per avere l'opportunità di ricominciare.
nella sua avventura contadina mi sarei aspettata un allevamento di lombrichi tanto di moda negli anni della sua esperienza,ma forse gli è mancata la mano grande e il cervello fino dei veri contadini.
ma tutto è bene quel che finisce bene... è arrivato vivo e vegeto alla pensione.
La seconda parte l'ho trovata molto più fantasiosa e stranamente ci ho percepito molto di più del carattere dell'autore: paraculo, vendicativo, coraggioso,saggio, pero', e capisco anche il perchè, è mancato l'elemento piccante in tutto il libro, mai un cornetto alla signora Emma in tutti i periodi di lontananza? o è stata la paura di trovarsi le valige fuori la porta?
Comunque devo fare una considerazione personale.
A me piace molto leggere i libri di autori sconosciuti, mi riesce meglio immaginare i posti dove si svolgono gli avvenimenti e si muovono i personaggi.
Questa lettura mi ha un po' condizionata, nel senso che avendo conosciuto Solitario,leggere il suo libro è stato come se lo avessi davanti a raccontarmi la sua vita.
Mi succede anche con uno scrittore abbastanza famoso, Giancarlo Rugarli, che per quanto ci metta impegno a leggere i suoi libri, non riesco a estraniarmi dal fatto che sia il mio vicino di casa che scrive quelle cose e non mi godo la trama.
Comunque conservo i suoi libri gelosamente, come faro' con quello di Solitario.